articolo di Emanuela Fortuna

 articolo di Emiliana Mongiat

 articolo di Daniela Petrai

 articolo di Fabio Bianchi

Gambaro ha fatto del colore e della luce le protagoniste della sua opera in una ricerca costante di verità e di emozione. Fin dai suoi esordi nei primi anni del 2000 la sua attenzione si è rivolta alla poesia del vivere, ritraendo attraverso la luce e il colore la bellezza dei paesaggi e degli elementi naturali e la forza di un’umanità silenziosa.

I suoi paesaggi vivono nell’atmosfera sospesa di chi sa contemplare il dolce digradare di luce e colore in uno spazio infinito. La luce dell’alba e del tramonto, la magia del crepuscolo o della neve, che si riflette nelle ampie distese, si animano in una lirica di emozioni.

Dalla sintesi del paesaggio Gambaro arriva all’analisi attenta degli elementi naturali: canne, giunchi e fiori mossi dalla lieve brezza. Sono la raffigurazione della poesia del tempo, immersa in una luce calda e dorata. Riprendendo i soggetti di un’arte nordica di fine quattrocento ed inizio cinquecento, dedita alla raffigurazione di una natura che rivela anche nell’umile ciuffo d’erba la bellezza del creato, l’artista galliatese indaga con cura attenta un piccolo frammento naturale, ripreso con inquadrature ravvicinate, ne sottolinea l’elegante linea decorativa, ne ammira la delicata materia. Il calore della luce rispecchia la vitalità di quei poetici brani di natura.

Meravigliosi i ritratti che ci incantano: quegli sguardi ci chiamano. Sono le donne africane e orientali che ci ipnotizzano, sono i contadini tibetani che si presentano a noi con la bellezza dei loro abiti e delle loro tradizioni, di un loro modo di vivere in empatia con il contesto naturale. Sono donne forti e uomini saggi nella loro semplicità. La luce segna le fatiche quotidiane su quei volti e corpi. Il colore ne sottolinea la forza e la dignità. La luce, però, inizia a dialogare in modo più contrastato con l’ombra. Sulla scia di Caravaggio e di Georges de La Tour, artista francese del Seicento, Gambaro esplora la dinamica luce/ombra. I suoi ritratti poco alla volta sembrano emergere dall’oscurità. E alla fine da testimone di quell’umanità si avvicina fino a dipingere un puro sguardo, e in quegli occhi si legge il mondo della esistenza.

Saper guardare dentro all’uomo alla ricerca della sua bellezza… saper riconoscere la poesia di ogni esistenza anche laddove la realtà non dona alcuna bellezza. “Questo è per te”, opera vincitrice del 1° premio della Critica al concorso internazionale “La Spadarina” nel 2012 dal tema Restiamo Umani, ritrae la mano sporca di un giovane ragazzo tibetano che per sopravvivere è costretto a trasportare bitume fossile grezzo e che ha raccolto, in questi faticosi e lunghi viaggi, un piccolo fiore per donarlo a chi ama. La bellezza di un’anima che si esprime in un fiore umile accolto nella tasca di una povera veste. Ancora una volta il naturalismo sembra arrivare direttamente dal grande passato del Seicento, facendo rivivere le opere di Louis Le Nain. Qui Gambaro dimostra con grande forza il suo empatico amore per l’umanità tutta.

Le mani sono protagoniste anche in altre due opere esposte. Sono mani che nel loro estremo pallore si muovono magre, affusolate, meravigliose. Sono mani che emergono improvvise dall’oscurità. Sono mani che esprimono la vita. Sono una sineddoche.

Infine la serie dei bianco/nero. La luce meridiana lascia il passo alla sfida del bianco/nero. In un’atmosfera di estrema lentezza, silente, si aprono paesaggi e scorci di vita. L’ombra diventa strumento per la raffigurazione della realtà e la luce acquisisce maggior forza, esplodendo in sprazzi di emozione.

Emanuela Fortuna

 

 

 

COLORI IN TAVOLA

Sabato 29 ottobre alle 10.30 apre presso il Castello di Galliate la mostra d’arte Colori in tavola di Gianbattista Gambaro. Protagonista, come ci preannuncia il titolo della mostra, è la natura morta, un genere che ha preso avvio nel Seicento. Fiori, frutta, verdura, selvaggina ma anche strumenti musicali ed altri oggetti inanimati dal quel momento conquistano l’attenzione di un folto pubblico. A loro è affidato il compito di raccontare la fugacità dell’esistenza, la bellezza terrena ed effimera. Con essa gli artisti pongono la questione della presunzione umana di fronte all’eternità: ogni essere ed ogni cosa hanno un inizio ed un termine, uomo incluso. Ma vanitas e memento mori in fondo non fanno altro che dipingere la vita umana.Nel tempo, tuttavia, la natura morta perde la sua carica allegorica, diventando un genere di semplice arredo. Ci si confronta con il problema della composizione (diagonali per le profondità, colori caldi e freddi per dare vigore alla spazialità) e con la tecnica raffigurativa ma un fiore rimane un fiore e un limone rimane solo e soltanto un limone, niente più di un colore e di una forma geometrica.  Gianbattista Gambaro vuole invece ridare a questo genere la forza di un messaggio, quello della bellezza della vita, e lo fa attraverso colori vivaci e brillanti e composizioni fresche e veritiere. Non più natura morta ma natura viva: è la rivincita delle cose umili, perché lì è la vera vita. E se Virgilio insegna che “Non omnes arbusta juvant humilesque Myricae”, ossia "Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici", Gambaro ci riporta alla bellezza della natura quotidiana. Verità di colori, di forme e… di stagioni dovremmo dire, perché si tratta di tipi di frutta e verdura realmente presenti sulle nostre tavole e nei piatti tipici stagionali. La sua natura viva è una festa di colori, di emozioni, c’è atmosfera di famiglia, di unità nella quotidianità. Quale luogo migliore in una casa per ritrovarsi e condividere le esperienze delle nostre giornate se non la tavola?Da qui il titolo Colori in tavola. Nella seconda sala Gambaro prosegue il suo percorso nella celebrazione della vita con le sue meravigliose raffigurazioni di ballerine e di musicisti. È un’umanità che dona arte e bellezza, immersa in un’atmosfera sospesa.Accanto gli splendidi paesaggi fatti della stessa sostanza della luce. Bellezza ed amore sono alla base di tutte le opere di Gambaro.La mostra rimarrà aperta tutti i giorni fino a domenica 6 novembre con il seguente orario: mattino 10.30 - 12.00, pomeriggio 15.30 - 18.30. L’ingresso è libero.

Emanuela Fortuna

 

Per Gianbattista Gambaro la luce e il colore sono sempre stati gli elementi visivi che lo hanno maggiormente interessato e su cui ha impostato la ricerca artistica degli ultimi anni. I suoi paesaggi e le sue figure sono illuminati da una luce piena che investe tutta la composizione e che, sottolineando la vividezza dei colori, rende evidente la capacità dell’autore di comunicare lo stupore e la meraviglia da lui provati osservando un volto particolarmente espressivo, oppure guardando gli scenari della natura o, più semplicemente, una foglia in autunno mentre galleggia nell’acqua di una pozzanghera.

Quando propone immagini di paesaggio - boschi e vallate coperte di neve sia di montagna che della valle del Ticino, visioni della costa romagnola oppure di luoghi più lontani come l’Isola di Santorini - Gambaro utilizza prevalentemente il controluce, modalità che gli permette di isolare i soggetti in primo piano contro sfondi di grande suggestione cromatica, pregni di energia. Molte sono le opere esposte eseguite con questa modalità, fra cui particolarmente poetiche sono quelle che presentano erbe, arbusti, fiori, composizioni delicatissime nelle loro forme raffinate in cui i diaframmi oscuri sono costituiti da intrecci di linee sottili e morbide, da corolle lievi che si aprono disperdendo i propri semi.

Con la mostra novarese Gambaro presenta anche l’ultima produzione, quella relativa alla ricerca nell’ambito del bianco e nero affrontata sperimentalmente lo scorso anno, di cui erano già state sottolineate sia la sua capacità di operare le variazioni continue dei toni del grigio necessarie per modulare volumi e spazi, molto difficili da individuare nelle situazioni di controluce, sia la sua abilità nel restituire anche con questi “non colori” dinamicità e tensione compositiva.

L’uso del bianco e del nero è stato ora utilizzato anche nella raffigurazione di situazioni emotive che suggeriscono un racconto, nate da un evento della vita, come la tensione della ballerina seduta sulle scale del teatro, le suggestioni derivate dall’assaporare il suono di un tromba o dall’osservare l’eleganza di un cavallo in corsa.

Un bianco e nero con cui Gambaro definisce anche oggetti, velieri, scorci di natura immersi nella quiete, nel silenzio della neve, nel chiarore luminoso della sera e frammenti di città, in cui i grattacieli sono avvolti dalla lieve nebbia mattutina. Emerge, perciò, anche da questa esposizione, l’elemento più significativo della personalità dell’artista galliatese, e cioè quella sua voglia continua di sperimentare, di confrontarsi con nuove difficoltà, di provare nuove esperienze pittoriche costruendo un percorso personale che di anno in anno si sta facendo sempre più complesso e articolato.

 

Emiliana Mongiat

«Corriere di Novara» 3 dicembre 2015

“COLORI IN TAVOLA”

 

Autodidatta, Gianbattista Gambaro (Galliate, 1945) ha iniziato a dipingere negli anni Duemila per rispondere a quelle sollecitazioni interiori che avvertiva da sempre, trovando nel corso del tempo un suo linguaggio visivo e poetico. Una formazione avvenuta “sul campo”, studiando la pittura dei maestri antichi e osservando  la realtà e il quotidiano. «Negli ultimi anni - dichiara in prima persona - mi sono trovato ad essere attratto con sempre maggiore curiosità ed attenzione dall’ambiente che mi circonda: amo scoprire nuovi paesaggi, aperti e solenni, ma anche cercare negli scenari già noti forme valide ed eleganti da riprodurre». Eleganza formale che appartiene anche composizioni di oggetti, fiori e frutta, ultimo soggetto da lui indagato e proposto nelle nuove opere esposte in occasione di questa sua ultima mostra “Colori in tavola”.«Nei 25 quadri che costituiscono i materiali esposti nella prima sala, raffiguranti soggetti conosciuti come “Nature morte” dipinti prevalentemente in questo ultimo anno, ho voluto ricercare “la vita” del soggetto e non la morte, riproducendo le “reazioni” dinamiche e cromatiche di ortaggi, frutti e fiori alla diversa intensità della luce, al calore, la loro “sintonia” con l’ambiente in cui si trovavano immersi e ritrovando, attraverso un rapporto di tipo tattile, quei palpiti di vita che la Natura imprime a tutto quanto viene da lei generato, anche se si tratta di elementi molto semplici come una foglia o un piccolo frutto estivo. Negli oggetti, invece, ho voluto ricercare il gesto compiuto dall’uomo nel crearli, indugiando su di un particolare oppure lasciando spazio alle decorazioni».

Natura silenziosa e immobile, quindi, i cui colori risplendono contro le superfici scure di piani e sfondi e che si relaziona armonicamente  sia con contenitori di candida porcellana sia con stadere arrugginite, soggetti che ci  ricordano l’importanza e l’attenzione che dobbiamo riservare a tutte le cose, anche a quelle più semplici e quotidiane(fig. 1, “Peperoni, limoni e piccadilly”, 2016, olio su tela; (figg. 2 e 3, “Ciliegie” e “Frutti dell’autunno”, 2016, olio su tela). Nella loro raffigurazione il pittore galliatese ha profuso tutte le suggestioni visive e le conoscenze tecniche acquisite durante il suo lavoro ormai decennale partendo proprio dallo studio della luce, delle rifrangenze, del controluce. Un percorso che vuole ricordare anche con la mostra attuale proponendo, nella seconda sala,i suoi paesaggi inondati di luce dorata, boschi, alberi e fiori che si stagliano contro cieli al tramonto,  raggi di sole che si riflettono sulle distese innevate. Accanto a questi, i dipinti realizzati in bianco e nero, documenti delle sue ricerche attente nella resa del chiaroscuro condotte utilizzando una vastissima gamma di grigi, con cui Gambaro ha raffigurato ballerine pensose nei loro tutù vaporosi, scorci di città immerse nella nebbia o coperte di neve(fig. 4, “Chrysler Building. Anni ‘50”, olio su tela), laghi e acque che vivono di riflessi e rifrangenze, volti e mani. Soprattutto mani, affusolate e lievi di giovani donne alla ricerca della vita oppure mani ossute e rugose che di una vita vissuta recano i segni. Perché il pittore, come il poeta, deve essere in grado non solo di raffigurare la bellezza del mondo ma anche di “… sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio”  (E. Montale, “Meriggiare pallido e assorto”).

Emiliana Mongiat

 

 

Considerazioni sulle opere di Gianbattista Gambaro.

Cos’è la pittura se non comunicazione?

E ancora: cos’è l’arte pittorica se non la sfida a spingerci, al di là delle proprie capacità, nella ricerca di superare i nostri limiti. Se non l’impegno a trascendere le convenzioni scandagliando sempre più nel profondo della personale visione.

E’ in questo ambito che la pittura di Gianbattista Gambaro trova la sua dimensione più genuina. Qui dove il racconto si dirama e apre nuove porte ad altri racconti.

La pittura, oltre che osservata è ascoltata e se si ascolta con attenzione la prosa diventa poesia.

Da una parte l’eternità di un bosco innevato, la dignità degli alberi spogli, la luce che fende la nebbia. Dall’altra la partecipazione a temi sociali ed a diritti umani esternata con crudo verismo di immagini e di colore. Di contrasto, a voler sottolineare l’ impermanenza degli umani stati d’animo, torna a luminose scenografie pacate e serene: ecco dunque la lettura della lettera sul prato, il gioco in spiaggia con la gabbianella…..

Varchi una soglia ed è un trovarsi a colloquio con la verità, l’umiltà e la ricchezza interiore di volti umani, hindù, nepalesi, africani…. in un gioco di ombre e di luci che ne accentua il mistero come se nei volti si celasse il mistero dell’esistenza stessa….

Ma è l’esperienza del conoscerlo personalmente che rende più chiara la sua singolare metodologia di attività pittorica. Parlo del rigore nel pensare e nel gestire la scelta tematica, della meticolosità nel mettere su tela le proprie idee, dell’attento studio compositivo, dei colori miscelati a seguito di un lavoro critico teso ad ottenere effetti visivi di assoluta freschezza ed originalità.

Si rinnova infatti in Gambaro il binomio forma e contenuto rivitalizzato in perfetta comunione con i tempi in cui viviamo, nell’uomo di oggi, nell’artista odierno.

Daniela Petrai

2012

L' Italia è il "bel Paese" per eccellenza ma nella travagliata storia ha dato moltissimo alla pittura, straordinario strumento per comunicare emozioni.

E molti pittori sono oggi combattuti fra nobile tradizione e stimolante contemporaneità. Gianbattista Gambaro ha invece ripreso eleganza ed icastica chiarezza della pittura di genere, in Italia molto apprezzata. Nella sua produzione prevale la figura ma colpiscono pure paesaggi anche esotici che adattano alla sensibilità odierna memorie post-impressioniste. Punta a un nuovo Realismo fra pregnanza di un tempo immoto e fascinazione per soggetti arcani, spesso romantici nella derivazione letteraria. Non cerca di compiacere ma personalizza per vivacità cromatica ed originalità compositiva, crea "fermo immagini" dominati da ricordi, nostalgia, amore per l' Arte. Con Gambaro la pittura recupera una peculiarità critica, la finzione/funzione: da un lato elabora immagini simboliche, simula realtà. I ritratti evocano o lontananze eroiche o intenso carisma mentre il paesaggio si carica di una diversa percezione di spazio e di tempo riferita a un'imminente attesa. Dall' altro costruisce un equilibrio armonico fra sè e l'esterno recuperando il concetto classico di arte come "otium", riflessione etica e morale.

Fabio Bianchi